La cucina mediterranea e la cucina casareccia sono caratterizzate entrambe dalla semplicità, genuinità e stagionalità degli ingredienti.
Certamente da un ristorante o da un’osteria che dichiara di essere specializzato nella cucina casareccia non potremo pretendere quei piatti esteticamente splendidi, che sembrano assemblati più da un architetto che da un cuoco, con cotture strane e accostamenti bizzarri.
Possiamo invece dire che la cucina casereccia è quella che rispecchia la cucina che facevano le nostre nonne e fanno con cura le mamme italiane (quelle che sanno fare da mangiare bene, ovviamente).
Ricette tramandate nel tempo che utilizzano gli ingredienti del territorio, seguendo la stagionalità e curando più la sostanza che la forma.
Anche la cucina mediterranea è caratterizzata da piatti che riescono a sfruttare al massimo gli ingredienti semplici e genuini del luogo dove si opera, per questo la cucina mediterranea casareccia e, in particolare, quella italiana è giustamente apprezzata nel mondo, come confermano i molti turisti che ogni anno visitano il nostro paese anche per gustare le specialità locali.
Ogni zona, ma addirittura in ogni paese della penisola italiana esistono differenti specialità culinarie frutto della sapienza delle massaie che, in particolare nel passato, sfruttavano al meglio i poveri alimenti a disposizione per trarne il meglio.
Per questo un’esauriente trattazione della materia in un singolo articolo è impossibile. Qui ci soffermeremo sui piatti della cucina casereccia italiana più intriganti e sconosciuti ai più, magari tralasciando quelli più famosi, per concludere, infine, sulle classiche specialità romane.
Partendo dal nord-ovest, troviamo in Piemonte un ingrediente particolare del celeberrimo fritto misto alla piemontese, che è la polenta dolce (dousa).
Normalmente è fatta con il semolino, ma, per ragioni storiche, nelle valli valdesi si utilizza il grano saraceno, dato che fino ad un paio di secoli fa, le popolazioni di religione valdese non potevano avere commerci con i cattolici.
Caratteristici delle zone del centro-nord Italia sono i valigini, involtini di verza con ripieno di carne dove si poteva riciclare la rimanenza di lesso che era stato fatto (abbondantemente) per il giorno di festa.
E’ chiaro che una delle caratteristiche della cucina casereccia è l’assenza di spreco: non si butta via niente, e questo piatto ne è un esempio.
Ancora verza e ancora un prodotto ricavato dagli avanzi del maiale come, tutto sommato, è la salsiccia per un piatto della tradizione del nord-est: il riso con verze e luganega.
La verza compare spesso tra gli ingredienti dei piatti invernali del nord Italia perché è facilmente coltivabile nell’orto ed è pronta nei mesi invernali, quando gli altri prodotti dell’orto non sono più disponibili.
Un interessante piatto della tradizione povera ligure che oggi è diventato particolarmente ricercato è il “cappon magro”.
Un tempo realizzato con avanzi di pesce e gallette, condito con salse a base di prezzemolo tritato, oggi mantiene gli stessi ingredienti pur non essendo più frutto di scarti di altri banchetti.
Sempre in Liguria, molto intrigante è un prodotto sconosciuto ai più in quando è preparato dalle massaie e nelle trattorie caserecce della zona di Levanto.
Si tratta dei “gattafin”, grossi ravioli di pasta ripieni di un preparato a base di erbette che si friggono nell’olio bollente.
Ancora uno straordinario primo piatto caratterizza la cucina delle zone a ovest dell’Emilia Romagna, in particolare nel piacentino: i “pisarei e faso'”.
Sono gnocchetti a base di pane raffermo e farina, assolutamente caserecci (infatti non esistono, confezionati, nei negozi) che vengono conditi con fagioli lessati e pomodoro.
Un piatto storico toscano, in quanto si narra che veniva realizzato utilizzando il calore proveniente dai forni che producevano i mattoni per la cupola del Brunelleschi a Firenze è il “peposo dell’Impruneta”, una sorta di stufato di manzo che prevede una lunghissima cottura a fuoco lento assieme ad una generosa dose di pepe, con pomodori e vino rosso.
La cucina casareccia della costa marchigiana è caratterizzata da primi piatti a base di pesce chiamati “brodetti”.
Troviamo il brodetto marchigiano, quello senegallese e il brodetto sanbenedettese, ma quasi ogni paese della costa ha un “suo” brodetto.
Un tempo prodotto con quello che offriva il pescato del giorno, oggi è più codificato, con differenze nella scelta degli ingredienti caratteristici da paese a paese.
Tra le numerosissime ricette casarecce tipicamente mediterranee della Campania, segnalo un piatto che è frutto dell’ingegno delle massaie di quella regione in grado di dare il meglio con i prodotti della terra della zona: la cianfrotta sorrentina.
Un insieme di patate, cipolle, pomodori, melanzane e zucchine che, sorprendentemente, utilizza anche pere e prugne secche.
Quasi al centro del Mediterraneo, la terra di Sicilia offre eccellenti esempi di cucina casareccia.
Tipica di Troina, un comune in provincia di Enna, troviamo l’originalissima “Vastedda cu’ Sammucu”, una specie di focaccia farcita con formaggio, uova e salame, nella quale si utilizzano i fiori di sambuco.
Innumerevoli i piatti tradizionali, casarecci e mediterranei, dell’altra grande isola italiana, la Sardegna.
Frutto della millenaria attività legata alla pastorizia degli ovini, troviamo il capretto da latte cucinato allo spiedo con gli aromi di quella splendida terra come il rosmarino e il mirto.
Ma veniamo alla regione situata al centro della penisola, il Lazio, e a Roma, città alla quale dedicheremo la parte più corposa di questo breve tour gastronomico.
Nella Città Eterna la tradizione dei ristoranti e delle trattorie che curano poco l’aspetto estetico o troppo raffinato delle loro proposte badando di più a robusti piatti della tradizione capitolina non si è ancora spenta.
In questi esercizi non possono mancare i piatti classici della cultura gastronomica laziale come gli spaghetti alla carbonara, alla gricia e all’amatriciana.
Se circoscriviamo il campo alla gastronomia prettamente capitolina non possiamo non citare i carciofi alla giudia, un eccellente esempio di semplicità e bontà.
La ricetta di questa specialità prevede l’utilizzo esclusivo dei carciofi romaneschi, cioè quelli senza spine, ai quali si tolgono le foglie esterne, più dure.
Si taglia il gambo a 3 cm circa dal carciofo e si tornisce l’attaccatura con un coltellino affilato. Si taglia anche la parte terminale delle foglie del carciofo e si mettono in una bacinella con acqua e limone per prevenirne l’annerimento.
Quindi si scolano e si friggono in olio caldo a 150 gradi per 8 – 10 minuti. Poi si estraggono dall’olio e si aprono “a fiore”, salandoli e pepandoli all’interno.
L’ultima fase è quello della frittura vera e propria: 3 minuti nell’olio a 180 gradi con i carciofi messi a testa in giù. In questa fare le foglie più esterne diventeranno croccanti mente il cuore rimarrà tenero.
Ora si scolano, si depositano su una carta assorbente per eliminare l’eccesso di olio e si servono.
Pajata in umido, coda alla vaccinara e abbacchio sono le altre famose specialità romane da gustare preferibilmente nei locali della capitale con un’ottima cucina di tipo casareccio che, a saperli cercare, esistono ancora.
Ad esempio, la storica trattoria “Da Felice a Testaccio”, famosa per i suoi tonnarelli cacio e pepe e, o Cesare al Canaletto, una trattoria della periferia romana che offre gli gnocchi con la coda alla vaccinara.
Chi vuole provare un altro piatto della tradizione casareccia romana, cioè la minestra con broccoli e arzilla, può andare da Tram Tram nel quartiere di San Lorenzo.
Un locale da non mancare è “Checchino dal 1887”. Posto nel quartiere Testaccio, offre la cucina tradizionale romanesca con un pizzico di modernità che non guasta.
Ma è nel cuore della capitale italiana che si trova la vera cucina romanesca, a Trastevere si trova “Da Meo Patacca”, storico locale dove potrete apprezzare tutti i piatti tipici della tradizione popolare romana.
Concludo questa carrellata con un locale legato alla tradizione ebraica della cucina romana, dove gustare al meglio specialità come i già citati carciofi alla giudia.
Si tratta di Sora Margherita, una trattoria situata nel ghetto caratterizzata da un aspetto esteriore scalcinatissimo che fa comunque parte del fascino di questo posto molto particolare.